Income inequality, impacts indoor air quality
Un recente webinar di EDIAQI – INQUIRE ha fatto un focus sull’impatto che la disuguaglianza economica ha sulla qualità dell’aria interna.
Un aspetto non di poco conto se si considera che colpisce in modo sproporzionato le comunità a basso reddito ed emarginate in tutta Europa e oltre.
L’accesso a un’aria interna sana spesso funge da indicatore della disuguaglianza di reddito, con i gruppi a basso reddito colpiti in modo sproporzionato dalla scarsa qualità dell’aria. A livello globale, le comunità con il reddito più basso (meno di 1,90 dollari) tendono a fare affidamento su combustibili a basso costo come carbone, cherosene e legna da ardere per cucinare e riscaldarsi. L’uso di tali combustibili determina elevati livelli di inquinamento dell’aria interna, contribuendo a notevoli rischi per la salute.
Questo problema è più evidente nei paesi a basso reddito ma non vuol dire che non lo sia anche altrove: le comunità emarginate e a basso reddito in Europa possono dover affrontare sfide altrettanto significative.
Ad esempio, uno studio del Clean Air Fund condotto a Fakulteta, in Bulgaria, un grande insediamento rom, ha segnalato un uso diffuso di carbone sporco per il riscaldamento, che porta ad alti tassi di problemi di salute legati all’inquinamento, in particolare problemi respiratori tra i bambini.
Anche altri studi evidenziano forti disparità. Nei Paesi Bassi, uno studio pubblicato da Lancet, ha rivelato che i gruppi etnici minoritari hanno sperimentato un’esposizione maggiore al Diossido di Azoto, NO₂, dal 3% al 44% e un inquinamento PM2.5 maggiore dall’1% al 9% rispetto alla popolazione etnica olandese.
La scheda sottostante illustra le riflessioni e conclusioni dell’esperto Pawel Rostkowski, Senior Scientist NILU (Istituto di ricerca no profit ed indipendente su clima e ambiente) e relatore al webinar “A Breath of Fair Air: Combatting Indoor Air Inequality across Europe and Beyond” sull’impatto che la situazione economica ha sulla qualità dell’aria indoor.
L’IAQ in ambiente domestico, in contesto abbiente e condizioni agiate, è di qualità più alta perché si garantiscono una maggiore ventilazione, la purificazione dell’aria, la progettazione dell’ambiente secondo le normative e una minore esposizione agli inquinanti. In questo contesto tuttavia l’esposizione ad inquinanti non può essere eliminata del tutto. La presenza di nuovi e diversi dispositivi elettronici, per la cura personale e agenti chimici da materiali da costruzione e non regolamentati possono aumentare il rischio.
Dall’altra parte, in un ambiente domestico, con contesto meno abbiente e condizioni da meno a disagiate, la qualità dell’IAQ non è alta per i seguenti elementi: scarso isolamento termico, assenza di sistemi di ventilazione, edifici spesso datati, esposizione ad inquinanti da combustione a basso costo (carbone e legna).
Anche la povertà energetica influisce sulla qualità dell’IAQ. Una larga fetta della popolazione europea non riesce a permettersi economicamente nessun metodo di riscaldamento appropriato. Questo porta a: limitazione della ventilazione interna, condizioni di umidità insalubri e proliferazione di muffe.
Una fonte di inquinamento aggiuntiva è costituita da: inquinanti interni che non controlliamo, materiale di nuove costruzioni, emissioni da dispositivi elettronici e cura personale e agenti chimici non regolamentati.
L’aria sana in ambiente chiuso è riconosciuta anche come un diritto fondamentale ma soltanto in 19 paesi dell’Unione Europea ad oggi, con parità di accesso sancita per tutti i cittadini.
Alcune azioni possibili per migliorare questa situazione prospettate dal relatore sono sintetizzate come segue:

Soluzioni:
✔ Politiche più stringenti e più veloci
✔ Maggiori investimenti per la ventilazione ed il monitoraggio della qualità dell’aria
✔ Campagne di sensibilizzazione su ambienti indoor più salubri
✔ Conoscenza delle fonti di inquinamento e dei metodi di prevenzione
✔ Promozione di ambienti chiusi più salubri